FAWDA الفوضى (MOROCCO/IT)

Fawda الفوضى (parola che significa “caos”) nasce a Bologna da un’idea di Reda, Fabrizio, Danilo e Brothermartino. Il suono è un mix tra musica elettronica, jazz contemporaneo e trance curativa; Gnawa, sufismo e antichi culti di possessione, visioni afrofuturiste e flash back post coloniali. Dopo la prima uscita dell’LP “Road to Essaouira” (Original Cultures, 2016) e dopo essere stati selezionati tra i vincitori del concorso “Bologna Città Unesco della Musica” 2020, i Fawda presentano la nuova uscita “Abou Maye” (top 5 dischi 2022 per il manifesto), il risultato di una profonda ricerca sul campo durante i tre tour che i Fawda hanno fatto in Africa suonando ad Essaouira, Il Cairo e Addis Abeba, dove hanno acquisito nuove sonorità, immaginari, toni e colori. I Fawda sono stati in tournée in Marocco e in Egitto suonando con musicisti delle tradizioni curative provenienti da Gnawa, Zar e Rango e hanno continuato, più a sud, in Etiopia, a suonare e fare jam con alcuni dei migliori musicisti e ballerini della scena ethio-jazz.

Disponibilità su richiesta

TARTIT (MALI)

Tartit, gruppo della regione di Timbuktu (Mali), perpetua la tradizione musicale dei nomadi Kel Tamasheq. Musica ipnotica che diffonde un messaggio di pace e amore e parla della complessità di una cultura sotto attacco. A seguito di una delle rivolte del 1995, i nove futuri membri del gruppo, tutti maliani, vivevano nei campi profughi mauritani e burkinabé. Così nacque Tartit, musica per resistere, per ritrovare e riaffermare la propria identità pur nell’esilio. La poesia e il canto hanno da sempre avuto un ruolo fondamentale nella società tuareg; il messaggio della band parla direttamente dei problemi di oggi e vuole preservare il suo valore fondante in un popolo nomade. Tartit, parola che si traduce “unione”, ha suonato nei più grandi festival di world music al mondo, raggiungendo lo status di guardiani del genere. Guidati dalla carismatica cantante Fadimata Walet Oumar, la band è composta da quattro donne cantanti che accompagnano la loro voce con ritmi percussivi ciclici, e da strumentisti velati; un’esperienza di canzoni e ballate che conduce lungo un viaggio irripetibile. Altri complessi “blues sahariani” hanno abbandonato gli strumenti tradizionali in favore di formazioni più convenzionali; i Tartit invece abbracciano gli strumenti autentici della loro tradizione come il tende (tamburo tradizionale), il teherdent (ngoni a tre corde) e l’imzad (composto da crine di cavallo e una zucca).

FULU MIZIKI KOLLEKTIV (DRC)

Fulu Miziki si traduce approssimativamente come “musica dalla spazzatura”. Dalle discariche di Kinshasa, i sei artisti recuperano e costruiscono costumi, maschere e strumenti; dai guembri composti dall’involucro del computer alle batterie realizzate con taniche, fino alle invenzioni di tastiere in legno, molle e tubi di alluminio, con vecchie infradito usate come cuscinetti sulle grondaie di plastica. Fulu Miziki è un collettivo eco friendly-afro-futurista-punk che arriva direttamente da un futuro in cui gli esseri umani si sono riconciliati con la madre terra e con se stessi. Sempre alla ricerca di nuovi suoni, supportano un messaggio panafricano di liberazione artistica, pace e uno sguardo severo alla situazione ecologica della Repubblica Democratica del Congo e del mondo intero.”Siamo dei supereroi del futuro africano”.